Quando è successo che ho aperto gli occhi con quasi 30 anni addosso io non lo so.
So però che un giorno qualsiasi di circa due anni fa, mi sono fermata davanti allo specchio della camera, ho osservato il mio viso e mi sono sentita come catapultata improvvisamente in avanti: ero lì, 28 anni e mi chiedevo come c’ero arrivata.
Sentivo di aver fatto un salto in avanti con dei buchi nel mezzo. Mi ero persa qualcosa.
Alla soglia dei 30 anni mi svegliavo dal torpore di un primo atto di vita passato ad aspettare, a dirmi «oh sì, poi lo faccio» «figa questa cosa, un giorno la farò anche io».
Poi, poi, poi.
Aspettavo tempi migliori per iniziare a vivere “davvero” senza rendermi conto che la stavo rimandando, la vita.
Sia chiaro, di cose ne ho fatte.
Nonostante la sensazione di non star vivendo abbastanza, di non star sfruttando appieno questa parentesi di tempo sulla Terra ricevuta in dono da chissà quale forza celeste, ho portato avanti compiti vari ed eventuali.
La corsa ai traguardi
💖 17 anni → L’inizio di una relazione seria e duratura
🚇 18 anni → L’inizio della vita da fuori sede
🔁 22 anni → Laurea triennale
🎓 24 anni → Laurea magistrale e l’inizio della convivenza 🏡
🥳 25 anni → Tirocinio e abilitazione alla professione di psy
👩🏻💻 26 anni → L’inizio del lavoro, nonostante il covid
Tutto in tempo, tutto in linea, tutto “giusto”, stavo andando forte!
…Apparentemente e chissà secondo chi.
Sì, perché dentro mi chiedevo quand’è che sarebbe iniziata la vita vera, quella dove hai finalmente finito di fare quello che devi e inizi a godertela un po’.
▶️ Perché insomma, finisci il liceo sognando da sempre di andare via dal paesino del sud in cui sei cresciuta, scappi lontano nella city più europea d’Italia, fai la fuorisede tra successioni infinite di coinquiline, lezioni universitarie, sessioni d’esame all’ultima corsa, laurea triennale (via una), cambio di ateneo, altri colleghi, lezioni, sessioni, laurea magistrale (daje che è finita - credi).
🏃🏻♀️➡️ Intanto inizi psicoterapia, vai a convivere che ormai siamo grandi e stiamo insieme da 7 anni, inizi tirocinio, finisci tirocinio, boom: covid!
📚 Approfitti del lockdown per svegliarti alle 6 di mattina, implementare l’ora sacra di allenamento, lettura e meditazione (PAZZA!), studi ogni giorno per preparare l’Esame di Stato e dato che ci sei ti metti anche a studiare UX/UI Design per essere più “appetibile” lì fuori quando “riapriremo”.
💼 Fai l’Esame di Stato, lo passi, sei abilitata (dai cazzo, ora puoi fare la psicologa, yeeeee), tempo di arrivare alla vigilia del tuo 26esimo compleanno che, tra crema pasticcera e millefoglie, ti ritrovi a compilare un form di candidatura per una posizione di lavoro nell’unica startup in cui vorresti lavorare (cambierai fortemente idea).
👩🏻💻 Ti ritrovi in mezzo ad altri 96 candidati, ti dici che «figurati se prenderanno proprio te», succede, sbaragli la concorrenza e ti ritrovi a lavorare affianco a colleghi che diventeranno presto amici (e che ti mancheranno tantissimo quando andrai via).
💸 Finalmente inizi ad assaporare il gusto dell’indipendenza economica, continui terapia, nel mentre con il tuo fidanzato decidete di ristrutturare casa.
🏚️ Rientrate nel vostro appartamento dopo 4 mesi di lavori, ora puoi goderti un ambiente e uno spazio moderno, che favorisce la tua pace e concentrazione (dato che lavori da remoto), ma non fai in tempo neanche a comprare la TV millemila pollici perché basta, vi lasciate, è finita, non siete più felici insieme, state andando avanti per inerzia.
🔚 Te ne vai (la casa è sua), torni a vivere nel tuo vecchio appartamento che ormai è stato preso da tuo fratello e dal suo coinquilino (Milano ha affitti inaccessibili per uno stipendio di 1200 rotti).
🖤 Vai di lutto per la perdita di una delle persone più importanti della tua vita, ma anche di party hard per la nuova vita da single che non hai mai sperimentato.
🛫 Prometti a tuo fratello che starai da lui solo qualche mese, il tempo di capire come sistemarti e dopo “solo” 1 anno (🤡 - scusa bro) decidi di trasferirti alle Canarie per imparare finalmente lo spagnolo e vivere a due passi dall’oceano (letteralmente), mentre continui a lavorare da remoto.
🏝️ Atterri a Gran Canaria alla soglia dei tuoi 28 anni e una volta lì…
⏹️ STOP
Pausa, basta, non ce la faccio più, ho bisogno di
r e s p i r a r e.
Lasci il lavoro un mese dopo aver firmato un contratto di affitto per un anno (LoL), hai abbastanza risparmi per sopravvivere 3 mesi senza lavoro, ne vorresti approfittare per riposare, ma ti ritrovi costretta ad aprire partita iva per delle collaborazioni arrivate senza troppo preavviso (e qui direi per fortuna).
No, non sarà una newsletter sul fenomeno delle “grandi dimissioni”, anche se è stata, insieme alla fine della relazione storica con il mio ex, una delle decisioni migliori prese finora nella mia vita.
E non perché lavoro e relazioni facevano così schifo: ringrazierò per sempre sia quel posto di lavoro per avermi fatto conoscere persone straordinarie ancora presenti nella mia vita, sia il mio ex per avermi insegnato cosa significa vivere una relazione sicura, dove puoi fidarti dell’altro, essere rispettata, non giudicata e amata per la persona che sei.
Semplicemente non rispecchiavano più la nuova versione di me che stava emergendo e cercando la strada (a tratti molto, tanto dolorosa) verso una vita più autentica.
La venuta al mondo
E così eccomi di fronte a quello specchio, a chiedermi come ci sono arrivata lì e cosa ci faccio esattamente.
Per tutto quel tempo avevo vissuto alienata da me stessa pur di portare a termine una corsa verso traguardi belli, importanti, ma forse troppo sopravvalutati.
A volte bisogna perdersi per ritrovarsi.
Era la frase che ritornava con una certa frequenza in quel periodo e io provavo a farla mia: «lasciati andare a questo smarrimento, non puoi avere adesso le risposte che cerchi e va bene così» - mi dicevo.
E nell’abbracciare l’incertezza, con tutta la paura e lo sgomento che si porta appresso, imparavo a stare come non sono stata mai.
Mi riappropriavo di me stessa, dei miei respiri carichi di fatica e voglia di vivere ancora, dei miei silenzi che portavano a galla demoni e tormenti e che allo stesso tempo curavano ferite.
Li ho abbracciati uno ad uno quei mostri.
Li ho guardati dritti in faccia e con una resa attiva, serena, direi quasi salvifica (che chi pratica meditazione consapevole conosce bene), gli ripetevo: eat me, if you wish.
La lotta e il combattimento con quelle parti di me, mi avevano portato a rinnegarle e a perdere pezzi miei.
Ero disposta a essere divorata da loro pur di farli sentire finalmente accolti e visti, pur di riportarli (e riportarmi) a casa.
Mentre lo facevo mi insegnavano cose, mi davano informazioni, mi lasciavano messaggi e nuove consapevolezze su di me, sulla mia storia, sui miei perché.
Li accoglievo, non opponevo resistenza, loro trovavano sufficiente spazio per darsi e così mi liberavano.
Mi hanno insegnato a sentire, più che ad analizzare e spiegare razionalmente tutto, a sciogliere nodi sentendo il corpo, restando presente a quelle sensazioni senza volerle etichettare in qualche modo, né risolvere a tutti i costi.
Nella piena presenza di me stessa scoprivo cosa significa essere vivi.
Sperimentavo la vita dentro di me, pur restando ferma, seduta a occhi chiusi, in un viaggio profondo negli abissi della mia anima.
Scoprivo e davo luce a nuove parti e mi permettevo, così, di venire al mondo.
Ma gli inizi, si sa, portano con sé chiusure.
Alcune cose che vanno via lasciano leggerezza e ti restituiscono energia, altre invece lasciano mancanze e ti chiedono di processare la perdita, altre ancora entrambe le cose.
Pezzi di te a cui ti sei affezionata e che non vuoi lasciar andare, persone che ti hanno fatto un gran bene e un gran male insieme e che devi perdere per poter rompere schemi malsani.
Il sentirsi soli pur circondati da persone e pieni quando si è da soli, ascoltare con le orecchie parole cariche di affetto, ma non sentirle arrivare al cuore, non sentire reale presenza, attenzione, connessione.
E poi la felicità. Dove sta?
Pensavo di trovarla dietro ai traguardi raggiunti, ma sfuggiva ogni volta.
Non l’ho mai afferrata, fino a quando non mi sono fermata e l’ho trovata lì, in silenzio, accanto a me.
Nothing can bring you happiness but yourself
- Ralph Waldo Emerson -
Let’s twist again
Una delle domande che mi davano più fastidio a 25 anni quando mi preparavo per gli ansiogeni colloqui di lavoro era: «Dove ti vedi da qui a 5 anni?».
La risposta che avrei voluto dare con tutto il cuore era: «Ma io che ne so? Non mi vedo da qui a 5 minuti, figuriamoci 5 anni, volete proprio essere presi in giro?».
Ai colloqui, però, una cosa del genere non la puoi mica dire.
Così cerchi una modalità che sia in linea con la tua persona e i tuoi valori, ma anche abbastanza “polite” per non farti mandare via a calci.
«Dove non lo so, però felice, mi vedo felice» - la risposta che provavo a dare.
Tra qualche giorno soffierò le candeline che avranno la forma del numero 30.
E compirò questo rituale con la consapevolezza che non ho nulla di quello che la società, la famiglia, gli altri lì fuori e anche parti di me si aspettano da una persona che compie 30 anni: case, lavoro stabile, Xmila€ sul conto, auto, partner, f(i)ogli di giornale.
Eppure mi basterà chiudere gli occhi, fermarmi un secondo, respirare e accedere al bene più prezioso, perché intangibile e non acquistabile con il denaro o tutto l’oro del mondo: me stessa, in ogni forma e sfumatura di ombre e di luci.
Piena e felice anche nei momenti di infelicità e vuoto 🌓
Viva.
Con grande affetto,
Spe 🐢